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Uno specchio.

  • Massimiliano Romualdi
  • 22 mar 2017
  • Tempo di lettura: 1 min

Arrivati al lago cominciamo subito a guardarci intorno, come quando ci si sente piccoli esploratori che stanno per scoprire qualcosa di meraviglioso.

Con tutte le bellezze che mi circondano, lei era di certo la più luminosa di tutte.

Perché i bambini hanno questa voglia innata di arrampicarsi su alberi o su grandi pietre?

Forse si sentono grandi nel farlo, forse la prendono come una sfida, forse hanno istinti animaleschi. O forse sono solo bambini che si divertono.

Lei era diversa. Lei si arrampicava lentamente, come volesse capirci qualcosa di quella grande pietra. Andava a tentoni, sicura di sé ma non spericolata, prima una mano, poi l'altra ed ecco che il corpo si porta dietro prima un piede e poi l'altro, senza sforzo.

Una volta salita, si siede, calma e tranquilla, ascolta il rumore del lago, le voci di quelle persone che come lei avevano scelto la natura, i cinguettii, il vento dolce nelle orecchie che crea quella strana offuscata sensazione di isolamento perfetta per pensare. Gli occhi nel suo mondo, il suo corpo nel nostro.

"E' ora di andare via!" chiama una voce.

Non molto entusiasta torna nel mondo reale e comincia a scendere senza accorgersi che era già da un po' che la stavo osservando. Alza il viso e incrocia i miei tre occhi.

Ferma immediatamente la sua discesa per un momento, immobile per qualche secondo mi fissa con occhi profondi e mi studia incuriosita, probabilmente per quello strano aggeggio che avevo appeso al collo. E' stato un attimo.

E' stato come guardarsi allo specchio.


 
 
 

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