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Non verità.

  • Massimiliano Romualdi
  • 22 mag 2019
  • Tempo di lettura: 2 min

Il rumore rimbalza da un orecchio all’altro, ondeggia il suono a ritmo di sentimento. Seduto alla scrivania del mio studio, a notte fonda, guardo un foglio bianco.

Passare tempo con una persona che non ti fa stare bene, non è una perdita di tempo, è non volersi abbastanza bene.

Un muro, vuoto, color verde pastello che comunica pace e relax contrasta con il caldo colore arancione della lampada impregna la stanza.

Ritorna alla mia mente una ragazza, guardando per un po’ il mio smartphone. Era bella da morire, ma di quel bello che ti colpisce una volta ogni tanto nella vita. Aveva capelli lunghi, scuri, disordinati e spesso raccolti in una coda improvvisata.

Rideva spesso, rideva molto.

Quando la vidi per la prima volta aveva un maglione nero a collo alto di lana, largo, così non si poteva percepire la forma del suo corpo.

Per un attimo pensai che quella ragazza non fosse reale.

L’attimo dopo, quando cominciammo a parlare, ero già innamorato. Ci eravamo incontrati in un caffè, volevo farle una proposta per un mio progetto fotografico. Si dava un’aria intellettuale, un po’ bohémienne, con quel suo modo di muovere le mani. Riuscii a fotografarla senza troppa difficoltà, fra le stanze luminose di casa sua.

Non la rividi per mesi. Con ogni mezzo cercai di invitarla ad uscire per un altro caffè, ovviamente rifiutò.

Dopo un anno eravamo su una macchina in viaggio sulle più belle colline italiane. Cibi e tramonti da perdere il fiato, per non parlare del vino poi. Tornati di nuovo alla nostra routine, ognuno continuò la propria strada, con i propri impegni e priorità.

Così passarono mesi senza vederci.

Mesi.

Mesi.

Mesi.

Un giorno d’estate decidemmo di rivederci. Tutto sembrò annullarsi, come se all’improvviso i mesi diventassero frazioni di secondo.

Le dissi che ero innamorato di lei.

Mi fissò e mi baciò sulle labbra appena sfiorandole. Passammo insieme una vita, cene con gli amici, lunghe passeggiate intorno al lago, giornate assolate al mare, serate sul divano pizza e serie tv, e le litigate, i duri rientri a casa dal lavoro, lei dalle amiche a ricordare i tempi andati mentre io porto a passeggiare i cani.

Così, fino alla fine dei giorni.

Alzo lo sguardo dallo smartphone, sono passati circa venti minuti senza accorgermene.

Realizzo.

Sono solo nello studio, senza sonno e con un leggero dolore alla schiena.

Ho appena scoperto che mi ha rimosso dai social.

Lo schermo freddo, la schiena ricurva.


 
 
 

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