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Yuki.

  • Massimiliano Romualdi
  • 10 giu 2019
  • Tempo di lettura: 2 min

Yuki é ferma davanti alla finestra, sta osservando la città, le sue vie, le sue luci, i suoi treni.

É notte fonda, un braccio le gira intorno alla pancia mentre con l'altra mano si sfiora i capelli.

Ha capelli a caschetto ed una frangia imperfetta, tagliata alla buona con un pettine davanti allo specchio.

Fuori piove lentamente ed un velo di nebbia imbroglia la vista. Qua e la nei palazzi vicini si vedono finestre calde illuminate di un ocra arancio. A Yuki piace quel colore, le ricorda che un tempo anche lei era una persona ricca di colori, detesta invece le luci fredde.

La stanza vive di musica elettronica calma, le tende sono immobili come le vele di una barca senza vento, su di loro rimbalza una luce di candela completamente fuori tempo di musica.

Scie luminose rosse e bianche attraversano il cemento bagnato grigio scuro, animali notturni si nascondono dalla pioggia che scorre e non se ne vedono in giro.

Yuki é figlia della neve. I suoi genitori la chiamarono così, innamorati dell'Himalaya che è la regina delle nevi.

A pensarci Yuki non aveva mai freddo mentre invece aveva sempre mani calde, pronte a scaldare chi ne avesse bisogno.

Le piacevano i colori e le piaceva disegnare, non che ne fosse capace, ma si sentiva bene nel farlo.

Da bambina nessuno le aveva regalato dei colori, così un Natale, il ragazzo con cui si frequentava le regalò una confezione di pennarelli ed un libro da colorare. Il libro era piccolo e squadrato, i disegni al suo interno rappresentavano fiori di ogni tipo.

Quando quel giorno il ragazzo di Yuki salì per la prima volta nel suo appartamento capì che poche persone erano entrate da quella porta. Con se portava appunto il regalo fra le mani con all'interno il libro ed i colori. Sopra al pacco c'era disegnata una scala che raggiungeva una finestrella con sopra scritto:

“NON SEI STUPIDA”

Yuki in quel momento non si sentì all'altezza del regalo che lei aveva fatto a lui, in fondo gli aveva regalato una confezione di incensi, una collanina con un ciondolo azzurro e una semplice maglietta del suo gruppo preferito. Si sentì inferiore, in quel momento non poteva capire.

Quel ragazzo la spaventava perché nessuno si era mai comportato così con lei ed era molto emotivo, all'apparenza fragile come un calice di cristallo. Credeva che prima o poi sarebbe riuscita in qualche modo a ferirlo. Lo amava ma pensava di non meritare una persona così al suo fianco.

Lui le diceva sempre che era bella e che era piena di colori, le toccava i capelli, la desiderava e cercava sempre di comprendere.

Quella fu la prima e l'ultima volta che quel ragazzo entrò in quella casa. Qualche volta lo si vede passare davanti a quegli edifici e fissare quella grande finestra ocra arancione nella speranza di poterla rivedere.

Solo arancione, nessuna ombra, nessuno a quella finestra, solo pioggia, indifferente, silenziosa, purificatrice.


 
 
 

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