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Gocce.

  • Massimiliano Romualdi
  • 26 set 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Mike si ferma sempre a guardare le onde create dalla caduta delle gocce sulle pozzanghere. Le immagina, cariche di suoni ed emozioni.

Il loro propagarsi verso ogni tipo di direzione, ordinate, parallele, tutte in fila, sono come i pensieri nella sua mente in quel preciso momento. Nessun pensiero interrompe l’altro, semplicemente vanno tutti verso la stessa direzione senza mai disturbarsi uno con l’altro.

Un pensiero o forse più, però, si intreccia con un altro e si crea disordine.

Gli capita spesso ma è abituato a questa interruzione improvvisa. Conosce molto bene la sensazione di stomaco chiuso e pesante, come se un peso comprimesse quella zona, senza dare alcuna possibilità di espansione al diaframma.

Così, si leva le scarpe, sente il contatto tiepido con il pavimento di legno, si siede vicino al muro e appoggia la schiena contro di esso chiudendo gli occhi.

Appoggia le mani sulla pancia e le lascia trasportare dal movimento naturale dell’addome, che ora si gonfia, e ora si rilassa.

Ritrova il suo equilibrio dopo diversi respiri e si meraviglia ogni volta di questa cosa.

Immagina una casa in montagna, di legno rosso, sotto un cielo nuvoloso e calmo che lascia cadere una pioggia finissima. Ha un tetto spiovente ma non è molto alta, ha finestre piccole da dove la luce entra gentile senza prepotenza e senza permesso.

Fuori è contornata da un pavimento di ghiaia fine grigia, a tratti invaso da un muschio verde morbido e da nessuna luce artificiale.

Esce dal camino un fumo denso e regolare, come se il fuoco fosse acceso da diversi anni.

Quasi come dentro ad un’arena, gli alberi alti abbracciano la casa e la cullano nel silenzio. Sono alberi alti e sempre verdi, coperti di aghi appuntiti ma innocui, e alla base dormono grandi cespugli di felce bagnata.

Il silenzio è totale, si sente solo il rumore di un torrente non molto lontano, che scorre sotto un piccolo ponte di tronchi di legno.

Il cielo è grigio e assonnato, la luce si è alzata da non molto. Alcune nuvole sono molto basse, si potrebbero quasi toccare con un dito.

All’interno il legno è l’elemento dominante. Un tavolo massiccio con un vaso basso vuoto sopra, una tazza di the verde fumante e alcune goccioline di condensa scivolano lente verso il basso sulle finestre.

Il letto non è molto grande e la biancheria è di un bianco caldo e tranquillo. Il piumone è soffice e pesante, crea onde morbide su tutta la superficie del letto.

Ad intermittenza si sente il canto di un uccello , lontano, appena sveglio.

Una poltrona bordeaux vicino alla libreria, aspetta che qualcuno si sieda e faccia partire un Lp dal giradischi. Le tende sono ferme, l’aria è calda ma non troppo, ci sono alcuni vestiti di lana per coprirsi.

Mike affacciandosi alla finestra vede due uomini con lo zaino, coperti da un impermeabile con cappuccio, stanno facendo rifornimento di acqua alla fontana fuori casa.

Uno dei due uomini guarda Mike e non accenna nessun segno, ma i due si sono già capiti.

Mike è quell’uomo e quell’uomo è Mike.

L’altro uomo è Mike e Mike è l’altro uomo.

Un triangolo silenzioso perfettamente complice.

La pioggia continua a cadere fine, densa e ricca di acqua e silenzio.

Fra gli alberi si apre una strada bianca, si intravedono giusto le prime due curve in salita che spariscono dietro ad un muro di aghi e muschio verde.

I due silenziosamente e quasi con solennità, si incamminano, senza parlare.

Sono in cerca di qualcosa, si percepisce il loro carico, la loro forza, l’impresa che stanno per compiere.

Le gocce continuano a cadere e a creare quelle linee perfette che non si incontreranno mai.


 
 
 

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