<-. Aurora Boreale
- Massimiliano Romualdi
- 15 ott 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Siamo in viaggio da giorni. La nostra auto mangia km affamata di asfalto, ma soprattutto di strade sterrate. Percorriamo lunghe strade dritte con alcune curve, che non si capisce ne quando iniziano ne quando finiscono, il volante rimane quasi sempre dritto, o almeno sembra.
Fuori dal finestrino il mondo scorre troppo veloce per essere capito. Gli alberi, gli animali, le nuvole e i suoni fanno parte di quel movimento e puoi solo percepirne la presenza senza vederli bene.
Siamo in quattro in auto, tre uomini ed una donna.
Siamo amici di una vita che condividono avventure e sfortune.
Non è colpa nostra se stiamo scappando.
Ognuno di noi ha il proprio motivo per farlo, ognuno di noi ha il proprio modo di vedere le cose, il tutto.
Fuori è notte ma non ho ancora alzato lo sguardo in cielo, guardo solo ad altezza occhi.
Spesso sono io a guidare, anzi, praticamente sempre, ma questa sera no.
Mi lascio trasportare senza dover per forza essere attento a qualsiasi cosa. Sto seduto e aspetto che il mondo scorra attraverso il finestrino, senza fine, senza permesso, con certezza.
Ricordo bene di essere già passato in questa zona, in queste montagne. Ecco ora due curve a destra, una a sinistra, c’è quella piccola casa di legno rossa e poi inizia la salita.
Non c’è Luna, non c’è vento.
Attraversiamo grandi tunnel creati dagli alberi alti sopra di noi, le felci basse raccolgono esigenti la prima rugiada. I sassolini scricchiolano sotto le ruote dell’auto, il finestrino del passeggero fa un leggero fruscio quando si va a una determinata velocità.
Allungo le braccia e sfioro il soffitto vellutato dell’auto.
Lei guarda fuori, con i suoi occhi sinceri, non troppo chiari e non troppo scuri, sono semplicemente luminosi.
Ha capelli corti, frangia approssimativa, li taglia da sola da alcuni anni. La conosco da molto tempo, so esattamente come è fatto il suo corpo, conosco il suo profumo e da sempre sono innamorato delle sue mani, ma a quello sguardo non mi sono mai abituato perché è sempre diverso.
Decidiamo di fermarci, conosco bene questa zona vicino al bosco, ci venivo da bambino.
E’ tutto molto silenzioso, si sente solo in sottofondo il rumore della stalla vicina ancora sveglia, l’odore di fieno e paglia, e quella boccata d’aria ti rimette al mondo con malinconia dopo diverse ore di viaggio al chiuso.
L’aria è fresca, la immagino come acqua molto trasparente entrare in me e riempire i miei polmoni stanchi.
Siamo scesi tutti e quattro per allentare un po’ la tensione nella gambe e prenderci un momento per noi, per stare da soli.
Mi siedo poco lontano dall’auto spenta nel buio e affondo il mio viso fra le mani, stanco, con tutta la voglia del mondo di piangere forte.
Mi manca casa, mio fratello, le passeggiate dietro al parco, il caffè d’orzo caldo la sera bevuto con mia madre, i sorrisi duri non nascosti di mio padre e il modo buffo in cui si siede il mio cane.
Sento un suono, leggerissimo, quasi come il suono che emetterebbe una foglia che ondeggia cadendo da un albero.
Sono le sue mani che muovendosi, creano quello strano suono. Sento anche le onde del mare, con il loro scorrere insaziabile.
E’ ferma in piedi davanti a me, pochi metri più in la, volteggia in aria le mani e le braccia affusolate in un movimento lentissimo.
I suoi occhi color terra chiaro sono più luminosi del solito, sono cosparsi di puntini bianchi luccicanti.
Alza le mani al cielo e con un gesto veloce le lascia cadere lungo i fianchi, senza sforzo. Guardando quel movimento alzai gli occhi al cielo per la prima volta quella sera.
Così lo vedo , scuro, denso, in movimento, come se le onde del mare fossero proprio li, in cielo, creando quel effetto tipico delle onde che corrono e il fondale è tutto distorto.
Di colpo, nessun rumore, nessuna onda in cielo.
Lei sta guardando verso l’alto ed ha un profilo stupendo con quel piccolo naso. Sbatte le palpebre e dal cielo iniziano ad intravedersi colori caldi, arancio, rosso, rosa, giallo. Piccole macchie di colore qua e la ricoperte di stelle.
Non potevo credere a quello che stavo vedendo.
Il cielo improvvisamente è luminoso e proprio davanti a noi sembra aprirsi uno squarcio di una realtà parallela.
Tutto si muove, come fossero nuvole riflesse al tramonto sul mare.
Le stelle no, quelle sono ferme ed immobili.
I colori danzano come fosse un’aurora boreale insolita.
<-. Quanto altro c’è oltre a noi?
Quante altre cose esistono?
Sono padrone della mia mente?
A che cosa servono il passato ed il futuro?
Esiste il vero silenzio o esiste solo il non-rumore?
Nel momento presente c’è spazio per qualcos’altro oltre all’ Essere?
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Guardando il cielo mi sento sollevato perché so che tutto questo mi appartiene e che continuerà senza fine anche quando non ci sarò più.
Facciamo parte di tutto e tutto continuerà, con o senza di noi.
Lei abbassa il viso, ora guarda verso il basso e posso intravedere appena il suo profilo, il suo piccolo naso, fra i suoi capelli scuri che vengono mossi lentamente da un vento leggero.
Mi alzo, il cielo continua a guardarmi ed entro nel buio più profondo del bosco.

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